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venerdì 24 settembre 2010

Linguistica

Il linguaggio influenza il pensiero? Parte IV

(C) Horia Varlan via Flickr.
[Precede]

L'area in cui è venuta alla luce la prova più impressionante dell'influenza del linguaggio sul pensiero è il lessico dello spazio: come descriviamo l'orientamento nel mondo attorno a noi. Supponete di voler dare a qualcuno le indicazioni per raggiungere casa vostra. Potreste dire: “Dopo il semaforo, prendi la prima a sinistra, poi la seconda a destra, poi vedi una casa bianca in fronte a te. La nostra porta è quella a destra”. Ma, in teoria, potreste dire anche: “Dopo il semaforo, vai verso nord e poi, al secondo incrocio, svolta a est e vedrai una casa bianca subito al tuo est. La nostra è la porta a sud”. Queste due serie di indicazioni possono descrivere lo stesso percorso, ma si basano su differenti sistemi di coordinate. La prima serie usa coordinate egocentriche, che dipendono dal nostro corpo: l'asse destra-sinistra e l'asse davanti-dietro, ortogonale al primo. Il secondo sistema usa indicazioni geografiche fisse, le quali non ruotano con noi quando ci giriamo.

Le coordinate geografiche ci sono utili quando facciamo una scampagnata, ad esempio, ma le coordinate egocentriche dominano completamente il nostro parlare quando descriviamo spazi limitati. Non diciamo: “Quando esci dall'ascensore, vai verso sud e poi prendi la seconda porta a est”. Il motivo per cui il sistema egocentrico è così dominante nella nostra lingua è che sembra molto più facile e naturale. Dopotutto, sappiamo sempre dov'è il “dietro” e il ”davanti”. Non abbiamo bisogno di una mappa o di un compasso per capirlo, lo sappiamo e basta, perché le coordinate egocentriche si basano direttamente siul nostro corpo e sul nostro immediato campo visivo.

Ma poi è comparsa una remota lingua australiana, il Guugu Ymithirr, del Queensland settentrionale, e con essa la stupefacente scoperta che non tutte le lingue si conformano a ciò che abbiamo sempre considerato, semplicemente, “naturale». Infatti, il Guugu Yimithirr non adotta affatto le coordinate egocentriche. L'antropologo John Haviland e, più tardi, il linguistca Stephen Levinson hanno dimostrato che il Guugu Yimithirr non usa parole come “sinistra” o “destra” per descrivere la posizione degli oggetti. Quando noi usiamo il sistema egocentrico, il Guugu Yimithirr ricorre alle indicazioni cardinali. Se vogliono che vi spostiate sui sedili di una macchina per fare spazio, dicono “muoviti un po' a est”. Per dirvi dove hanno lasciato esattamente qualche cosa in casa vostra, dicono “l'ho lasciato sul margine sud del tavolo a ovest”. Vi potrebbero anche avvertire di “fare attenzione a quella grossa formica subito a nord del tuo piede”. Anche quando guardano un film in tivvù, ne danno descrizioni sulla base dell'orientamento sullo schermo. Se il televisore è rivolto a nord, e un uomo sullo schermo si sta avvicinando, dicono che sta “venendo verso nord”.

Quando queste peculiarità del Guugu Yimithirr furono scoperte, ispirarono un ampio progetto di ricerca del lessico spaziale. A proposito, quella del Guugu Yimithirr non è una stramberia: le lingue che si fondano principalmente su coordinate geografiche sono diffuse in tutto il mondo, dalla Polinesia al Messico, dalla Namibia a Bali. Per noi può sembrare il massimo dell’assurdità che un istruttore di ballo dica: “Ora alzate la vostra mano settentrionale e muovete la vostra gamba meridionale verso est”. Per qualcuno non si tratta di uno scherzo: il musicologo canadese-americano Colin McPhee, che ha trascorso parecchi anni a Bali negli anni Trenta, rammenta un ragazzino che aveva un grande talento per la danza. Poiché nel paesino da dove veniva il bambino non c’erano maestri di ballo, McPhee si accordò con un insegnante d’un altro paese affinché gli desse lezioni. Quando però, dopo qualche giorno, volle vedere i progressi fatti dal ragazzo, lo trovò abbattuto. Il maestro era esasperato: non riusciva a insegnargli niente, perché il ragazzino non era in grado di capire nessuna delle sue istruzioni. Quando gli diceva di fare “tre passi verso est” o di “piegarsi verso sud-ovest”, il piccolo non sapeva che fare. Eppure, mentre era ancora nel suo paese, non aveva la minima difficoltà a orientarsi in questo modo. La colpa della sua confusione era del nuovo paese, il cui ambiente gli era del tutto nuovo. Ma perché l’insegnante non usò istruzioni differenti? L’interessato, probabilmente, avrebbe risposto che dire “fai tre passi avanti” o “piegati all’indietro” sarebbe stato il colmo dell’assurdità.

[Continua]

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